La scienza antica, da Aristotele a Tolomeo

La Filosofia antica e il modello di Aristotele

Il problema della gravitazione, ossia del moto dei pianeti, è stato di fondamentale importanza in quel processo culturale, noto col nome di Rivoluzione Scientifica, che ha avuto luogo tra il XVI ed il XVII secolo ed ha portato alla nascita della Scienza Moderna, così come oggi noi la conosciamo. La conoscenza della natura che avevano gli antichi (Greci e Romani), tramandata senza particolari sviluppi durante il Medioevo, aveva alcune caratteristiche particolarmente distintive: • La descrizione/spiegazione dei fenomeni naturali faceva poco affidamento sull’esperienza ed era dominata da teorie preconcette di tipo filosofico-metafisico, a cui i fatti osservati in natura dovevano adeguarsi (e non viceversa); • Si faceva grande affidamento sul cosiddetto principio di autorità, ossia la parola dei filosofi antichi e della Bibbia era garanzia di verità assoluta e indiscutibile. In questo quadro ideale si colloca la teoria aristotelico-tolemaica sul moto dei pianeti, che fino a XVI secolo aveva rappresentato la spiegazione ufficiale di tale fenomeno, peraltro legittimata dalla Bibbia e da tutte le osservazioni “immediate” del cielo (ad es. il moto diurno del Sole o il moto notturno della volta celeste). Aristotele (IV sec. a.C.) sosteneva l’esistenza di una netta separazione tra il mondo terrestre (o sub lunare) e mondo celeste: il primo era il regno della caducità e della imperfezione, ed era per questo caratterizzato da moti rettilinei (cioè con un inizio ed una fine), mentre il secondo era il regno dell’eternità e della perfezione, ed era caratterizzato da moti di tipo circolare (in quanto il cerchio era la figura geometrica perfetta per definizione). La Terra era al centro dell’Universo, ed il Sole e i pianeti in moto attorno ad essa su orbite circolari (modello geocentrico): nel dettaglio, ogni pianeta (assieme al Sole ed alla Luna), era posto su di un particolare cielo, ossia una sfera fatta di etere cristallino (un materiale trasparente, perfetto ed immutabile) che si muoveva di moto circolare uniforme, e nel loro insieme le varie sfere concentriche erano racchiuse dalla sfera più esterna, quella delle stelle fisse, e formavano un Universo chiuso e finito.
Sinistra: Modello cosmologico aristotelico (nell'antichità erano noti i pianeti fino a Saturno). Destra: il filosofo Aristotele, nella rappresentazione della Scuola di Atene di Raffaello Sanzio.
Sinistra: Modello cosmologico aristotelico (nell'antichità erano noti i pianeti fino a Saturno). Destra: il filosofo Aristotele, nella rappresentazione della Scuola di Atene di Raffaello Sanzio.

Il contributo di Tolomeo

Tuttavia, in questa versione “elementare”, la teoria aristotelica non era in grado di giustificare il cosiddetto moto retrogrado dei pianeti, che a differenza delle stelle – che si muovono sulla volta celeste nel cielo notturno su traiettorie circolari – talvolta invertono il loro moto, formando nelle loro traiettorie figure simili a cappi. Pertanto, per salvare la “perfezione” dei moti, cioè la loro circolarità, il modello aristotelico subì numerosi “rimaneggiamenti”. Nel II sec. d.C., l'astronomo alessandrino Claudio Tolomeo, nella sua opera Trattato Matematico (tradotta dagli arabi col nome di Almagesto), ipotizzò che il moto dei pianeti avvenisse su di una circonferenza (epiciclo) il cui centro ruota intorno alla Terra su di una circonferenza più grande (deferente). In questo modo, a seconda di come si combinano i moti dell'epiciclo e del deferente, il pianeta sembra procedere “più velocemente”, oppure “rallentare” o addrirttura invertire la propria direzione di moto (moto retrogrado). Nemmeno questo modello (modello tolemaico semplificato) era però sufficiente a spiegare tutte le osservazioni, e pertanto Tolomeo introdusse altre complicate correzioni (inclusa una posizione eccentrica della Terra rispetto al centro del deferente) pur di salvare, ancora una volta, la circolarità dei moti dei pianeti. La filosofia cristiana aveva fatto propria questa visione sia in quanto rifletteva una mentalità dominante nel pensiero antico (i.e. il mondo concepito come un universo gerarchico), sia perché ben si coniugava con le dottrine della creazione, dell’incarnazione e della redenzione di Gesù, che presupponevano la terra come sede privilegiata della storia del mondo e l’uomo come fine della creazione (antropocentrismo), e quindi si conciliavano bene con la centralità spaziale riconosciuta alla Terra (geocentrismo). Inoltre, in diversi passi della Bibbia si faceva esplicito riferimento ad una visione geocentrica, propria di quasi tutto il mondo antico (ad es: “Fermati o Sole”, nel libro di Giosuè).