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Conservazione dell'energia-esempio

Conservazione dell'energia di una particella e del sistema L'energia meccanica E di una particella, definita come la somma della sua energia cinetica K e della "sua" energia potenziale U (vedremo dopo perché compaiono le virgolette), è una grandezza fisica conservata se durante il moto della particella: 1) il lavoro compiuto dalle eventuali forze dissipative è nullo 2) le altre particelle con cui interagisce rimangono ferme. [Si tratta di una condizione sufficiente] La prima condizione deriva dalla relazione L(F dissipative) = ΔE: quando le forze dissipative compiono un lavoro nullo l'energia della particella si conserva: L(F dissipative) = 0 quindi E=cost.. La relazione precedente deriva dal teorema dell'energia cinetica (L(F tot) = ΔK ) e dalla definizione di energia potenziale ( ΔU = - L(F conservative)). Apparentemente il risultato sembrerebbe chiudere la questione: basta che le forze dissipative compiano un lavoro nullo e l'energia della particella si conserva. In realtà una simile affermazione è facilmente smentita dall'esperienza: ad es. quando una biglia ne urta (centralmente) un'altra identica, la prima si arresta e la seconda inizia a muoversi (con la stessa velocità della prima, se l'attrito e resistenza dell'aria sono trascurabili). La prima particella perde tutta l'energia (cinetica) che aveva (mentre l'altra biglia l'acquista) senza poter accusare del furto le forze dissipative, che si possono considerare trascurabili. Non basta quindi che le forze dissipative compiano un lavoro nullo per poter garantire la conservazione dell'energia della particella. Come si nota nell'esempio, è l'energia di tutte le particelle interagenti (ossia l'energia del sistema, non quella della singola particella) una grandezza sempre conservata, se il lavoro delle forze dissipative è nullo. La deduzione L(F dissipative) = 0 quindi E=cost.. è stata intepretata in modo frettoloso, trascurando un punto importante della definizione di energia potenziale. Quando si definisce l'energia potenziale di una particella posta nel punto P, relativa ad una certa forza conservativa, come il lavoro che compirebbe tale forza se la particella passasse dal punto P al punto di riferimento R, si suppone, implicitamente, che i corpi che esercitano la forza sulla particella considerata rimangano fermi durante lo spostamento della particella da P a R, altrimenti si dovrebbe esplicitare anche la dipendenza dell'energia potenziale dalla posizione dei corpi con cui interagisce la particella; in altri termini, l'energia potenziale non si potrebbe più considerare come dipendente solo dalla posizione della particella considerata. Se durante il moto della particella si muovono anche i corpi con cui interagisce con forze conservative, non è più vera la relazione ΔU = - L(F conservative) perché l'energia nella posizione finale corrisponde ad una diversa collocazione della particella rispetto alle altre e quindi il lavoro compiuto dipende non solo dalla posizione iniziale e da quella finale della particella considerata, ma anche dalle posizioni iniziali e finali delle particelle con cui interagisce. Dal momento che i corpi che esercitano forze sulla particella considerata sono a loro volta soggetti a forze opposte (per il terzo principio) e in questo caso il loro spostamento non è nullo, la particella sta compiendo un lavoro su questi altri corpi e la sua energia non si conserva. Nel caso delle due biglie, durante l'urto la particella inizialmente in moto ha compiuto un lavoro sull'altra, a spese della propria energia cinetica.